domenica 16 ottobre 2016

STEP 04 - L'indaco elettrico nella mitologia

Nella mitologia i colori hanno avuto un ruolo da protagonista, in quanto attraverso essi si cercava di dare determinate caratteristiche e qualità ai vari personaggi. L'indaco elettrico, essendo una tinta nata grazie ai progressi nell'ambito scientifico, non è presente nel mito, ma è possibile trovare in esso la sua tonalità originaria, ossia l'indaco.

Come tutti sanno, l'indaco è uno dei 7 colori dell'arcobaleno, precisamente il sesto, tra il blu e il violetto, e proprio su di esso vi sono alcuni miti appartenenti alla mitologia greca.


Uno di questi è proprio il Mito sull'Arcobaleno nel quale si narra di un'epoca lontana in cui era stato solo creato il mondo, allora Zeus, stanco della solitudine, decise di creare degli esseri immortali dando però loro una parte mortale legando la loro vita a delle pietre, ognuna delle quali aveva una qualità. Alla fine però decise di rendere indistruttibili solo 7 pietre, le cui qualità erano considerate perfette. La pietra color indaco, l'ametista alla quale fu data la qualità della sicurezza, fu affidata ad Artemide che divenne di conseguenza la protettrice di questo colore. Tali pietre erano di un'armonia tale che Zeus fu paragonato imperfetto rispetto a loro, egli decise quindi di maledirle spingendole a litigare per tutta l'eternità, ma queste decisero di farsi forza a vicenda. Il cielo così, dopo essersi oscurato a causa del litigio, ritornò sereno grazie anche alla volontà di tutti gli déi dell'Olimpo, e comparve così l'arcobaleno, talmente bello che alla fine Zeus decise di personificarlo nella dea Iris per poterlo ammirare per sempre.

Immagine di un'ametista grezza

Proprio sulla nascita di questa gemma vi è un mito appartenente alla mitologia greco-romana. Si narra infatti che il dio del vino, Dionisio o Bacco, rispettivamente per gli antichi greci e romani, era solito esagerare nel bere vino. Egli un giorno, come al solito ubriaco, dopo essere stato ignorato da un essere umano passatogli accanto, decise di vendicarsi sulla prima persona che avesse incrociato il suo cammino. Fu allora che passò Ametista, contro la quale egli sganciò due tigri fameliche, ma Artemide (nome per i greci, Diana per i romani), dea alla quale la giovane e bella fanciulla era fedele, decise di salvarla trasformandola in una pietra. Dionisio, che si era apprestato a bere un altro calice di vino per gustarsi la scena, scoppiò in un pianto e barcollando fece cadere il vino mischiato con le sue lacrime sulla statua che quindi assunse questo colore.

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